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Un vecchio allievo scrive a Shindler: "Dai tempi del Ciampino allo Scudetto. Mister, ce l'hai fatta!"

 20/06/2015 Letto 2014 volte

Categoria:    Femminile
Autore:    Redazione
Società:    TERNANA FUTSAL





"Era il 2004 e io ero al mio quarto anno di calcio a 5. Ciampino, fine agosto/inizio settembre, ci ritrovammo per la preparazione. Eravamo un bel gruppo di ragazzini esagitati. Molto variegato: c'era gente che masticava futsal da quando aveva 5 anni, gente che veniva dal calcio (infinite lamentele riguardo al pallone col rimbalzo controllato) e neofiti completi, ma ben scafati dal parco o dall'oratorio. Il mister per me era nuovo, qualche compagno già lo conosceva: era giovane, alto e con dei lunghissimi capelli castani, stile Jesus Christ Superstar. Si chiamava Marco. Era un ex portiere e insegnante di educazione fisica, spigliato, sagace, sicuro di sé. In realtà ad un primo sguardo superficiale lo trovai saccente e abbastanza antipatico. Tutto sommato non mi fece una grossa impressione. Avevo segnato un sacco di gol l'anno prima e in quel ritiro c'era gente che ne aveva fatti anche 60 gli anni precedenti. La faccia era di chi aveva ben poco da imparare. Presuntuosi, 13/14 anni, poca voglia di correre, tanta di dribbling e gloria personale, tanta televisione.

Gli allenatori che avevo avuto precedentemente erano "paternalisti", tutto al più  "motivatori", esaltavano le individualità dei bambini più bravi. Nessuno che ti avesse realmente mai insegnato a giocare. Be' Marco (per me è il mister, non l’ho mai chiamato così) ti spiegava anche dieci volte cosa esattamente dovevi fare in ogni zona del campo, come farla e perché: eri a sinistra DOVEVI passare la palla con il piede sinistro, eri a destra la DOVEVI calciare col destro, stessa storia per lo stop, corpo rivolto perennemente verso la porta avversaria. Non ti andava bene? Finivi in panca o in tribuna. E poi uscite pressing, schemi da calci d'angolo, da calci di punizione, difesa a uomo, a zona, diagonali, zona mista passaggio da 3-1 a 2-2 e viceversa, pressing alto, difesa bassa, uomo in più, uomo in meno, imbucate, secondo palo, blocchi, due tocchi, come si porta la palla, contro-movimenti, come si marca un destro bravo, come un sinistro, una preparazione “meticolosa” dei portieri (sarebbe meglio dire “miracolosa”, visto che trasformò in poco tempo i nostri portieri in saracinesche), portiere di movimento...

In poco tempo capimmo cosa significava giocare per davvero a calcio a 5. Passammo dal giocherellare alla “viva il parroco” in un campo vero e con una maglia vera , a prendere dannatamente sul serio quello che facevamo. Bagaglio tattico/tecnico incredibile. Imparammo da lui che non si discute mai con l'arbitro, che non si rimprovera mai un compagno che sbaglia, e che mai e poi mai si critica il proprio portiere: perché quando le gambe cedono, e la testa è annebbiata, i tuoi avversari ne hanno di più e arrivano da tutte le parti, è proprio il tuo portiere a togliere le castagne più roventi dal fuoco, a salvare una partita, a coprire le pecche e le falle di TUTTI gli altri. E poi dopotutto - ci ripeteva spesso - se ognuno avesse svolto il suo compito difensivo in maniera perfetta, quella palla, nello specchio, non sarebbe proprio dovuta arrivare. Ecco io credo che questo enorme rispetto per il ruolo del portiere, a livello di Karma, abbia restituito, abbia regalato a Marco, le fantastiche prestazioni di Gabi Tardelli nelle finali.

Un ruolo chiave in questo sport (che era proprio il suo ruolo da calciatore) che non è un eufemismo definire "un buon 50%" dell'intera prestazione di squadra. Quell'anno arrivammo secondi nel girone e perdemmo, con grande delusione da parte di tutti, in semifinale playoff. Molti di quel gruppo hanno fatto strada in questo mondo grazie al meraviglioso lavoro di Marco. Non il sottoscritto che evidentemente non starebbe qui a ricordarvelo. Marco alla fine di quell'annata si sposò e noi da bravi soldatini eravamo tutti lì, in tuta di rappresentanza, per il nostro ,ister che avanzava a larghe falcate nello sport così come nella vita. Ne fece di strada, tante panchine e collaborazioni, fino a sfiorare la massima serie nazionale con L'Acquedotto. Tante occasioni solo sfiorate e quella sensazione di una rincorsa al vertice non ancora compiuta fino in fondo.

Poi finalmente la grande occasione di Terni: una società seria, gloriosa e con la voglia giusta di spaccare il mondo, un pubblico fantastico. Le Ferelle. Una squadra dal grande potenziale che già assaporava, dopo le delusioni dell'anno passato, il sapore dell'ennesima occasione mancata. E invece arriva Marco e lavora come un matto, riparte dai fondamentali, da una solidità difensiva cercata a lungo e infine ritrovata. Poi la scalata ai playoff , il resto è ormai storia recente. Rivedere Marco nei timeout con la lavagnetta (ai miei tempi usava i "fratini" per mostrare gli schemi di gioco), gli occhi della tigre e quella cura maniacale del dettaglio, vederlo saltare, strillare e infine festeggiare, è la gioia di tutti quelli che hanno lavorato con lui, di chi ha corso e lottato per lui, di chi sa chi è Marco Shindler. Ora lo sapranno in parecchi. E la sensazione di chi davvero ce l’ha fatta, di chi raccoglie i frutti del duro lavoro cominciato sui campi sabbiosi di periferia, dove lo sport salva dalla strada , e in qualche caso dalla galera, i ragazzini delle case popolari. Marco è arrivato, Marco ce l'ha fatta. E non finisce qui, anzi, forse è appena cominciata".


Edoardo Cuccagna
*foto SheFutsal



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