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Marco Angelini come Kobe: «Il fisico non regge più, smetto col futsal giocato e torno a fare l'allenatore»

 22/04/2016 Letto 3356 volte

Categoria:    Serie B
Autore:    Redazione
Società:    CAPITOLINA MARCONI





Il canto del cigno di Marco Angelini è stata l'ennesima stagione super con la maglia della Capitolina Marconi, portata per mano alla promozione in Serie A2. Leader emotivo di una squadra per lo più giovane, Angelini, nonostante numerosi acciacchi fisici dovuti all'usura del tempo, si è sempre fatto trovare presente, segnando gol pesanti, giocando con un minutaggio altissimo: con quaranta candeline sulle spalle non proprio la cosa più semplice del mondo. Durante l'anno, però, i dolori alle ginocchia, le interminabili ore di ghiaccio durante la settimana e le sofferenze della domenica mattina hanno fatto maturare nella testa di questo campionissimo l'idea che, stavolta sì per davvero, era giunta l'ora di smettere col futsal giocato.


CANTO DEL CIGNO - “È stato un anno nel quale non eravamo partiti con i favori del pronostico – racconta Marco -. Certo, una volta scelto lo staff tecnico e operato un mercato importante, sapevo che avremmo potuto dire la nostra, ma non credevo a questo livello. C'è stato un momento della stagione in cui disputavamo amichevoli con le squadre di Serie A e giocavamo alla pari, se non addirittura meglio. Sicuramente il nostro è stato un futsal superiore ad una Serie B, non a caso abbiamo vinto”. I giocatori vanno in campo, ma a tirare le fila c'è lo staff tecnico: “Sapevo che Minicucci e Zito valessero una categoria superiore, sono stati un vero valore aggiunto: sono uno staff eccezionale. In particolare, conoscevo bene Paolo da giocatore e l'ho ritrovato da tecnico maturato molto a livello umano. Non è mai facile fare l'allenatore e trovarsi a gestire tante situazioni: l'ha fatto alla grande e anche se i complimenti glieli ho già fatti di persona, glieli rinnovo, se possibile, ancora di più”.

LA SCELTA - Da una parte la Capitolina volava in campionato, dall'altra i dolori fisici continuavano ad aumentare: “Abbiamo giocato un futsal superiore, al nostro interno abbiamo disputato una Serie A2: ho provato a reggere botta, soprattutto il sabato, ma pagavo dazio durante la settimana facendo molta fisioterapia e svegliandomi con tanti dolori. Ho stretto i denti, anche perché una promozione come la nostra ha ripagato tutti i sacrifici”. Sacrifici importanti, dettati dalla passione di un ragazzo che a 33 anni, nel pieno di una carriera da stella, aveva dovuto alzare bandiera bianca a causa del ginocchio: “Un medico mi disse che non avrei più potuto giocare neanche una partitella con gli amici. Fu una grande botta emotiva, dura da assorbire a livello umano: di futsal ho vissuto per 24 anni, è stato un lavoro ma soprattutto una passione, immaginate cosa vuol dire essere costretti a fermarsi. Scelsi la strada della panchina: mi sono messo ad allenare per quattro anni, anche con buoni risultati fra L'Acquedotto, Castel Fontana e Latina. Ecco, forse l'ultima stagione in neroazzurro avrei potuto fare qualcosa di meglio” ricorda Angelini.

IL PRIMO AMORE - Una volta terminata l'esperienza a Latina, nella testa di Marco Angelini si riaccese una lampadina. Perché non provare? Perché non tornare a giocare? Così, durante l'estate, una gara dopo l'altra maturò la convinzione di rimettersi gli scarpini ai piedi. “Mi resi conto che quel medico tutte le ragioni non le aveva. Seguii il mio cuore, la mia passione e fra la C2 con la Stella Azzura, una Coppa Lazio vinta in C1 e la promozione dalla B all'A2 con la Capitolina, qualche altra soddisfazione me la sono tolta. Ho chiuso in bellezza, anche perché in questo momento sono sicuro di fare la scelta corretta, di dire basta al momento giusto, provando a rimettermi in gioco come allenatore”.

IN PANCHINA - Già, l'altra grande passione: insegnare, allenare. “Smetto l'attività agonistica come giocatore visto che a 40 anni - dopo aver vinto scudetti, coppe Italia ed essere stato in nazionale – è arrivato il momento di ascoltare il mio fisico. Ho dato tutto e le energie sono quelle che sono. Ma sono contento, non ho rimpianti: a differenza dell'altra volta, non è una decisione forzata, ma presa con la maturità di un ragazzo di 40 anni. Voglio però rimettermi in gioco come tecnico, pronto ad ascoltare qualsiasi tipo di proposta, a prescindere dalla categoria. Lo faccio con umiltà, consapevole che potrebbe non arrivare nulla: qualora così fosse, continuerò ad aggiornarmi come ho fatto nel corso di questi anni”. Da allenatore Angelini lanciò tanti giovani e la sua indole di educatore lo rende particolarmente adatto a lavorare coi ragazzi. “Sono tre anni che faccio il direttore tecnico di un settore giovanile e alleno due squadre di bambini nati nel 2005: fare l'educatore e l'insegnante è l'altra mia grande passione, è nelle mie caratteristiche. Amo insegnare quello che ho avuto la possibilità di apprendere giocando coi più forti giocatori del mondo e questo vale dai ragazzi di 6-7 anni, fino a quelli di 20. Ma mi rimetto in gioco da allenatore, pronto ad affrontare qualsiasi tipo di situazione, sia all'interno di un roster di ragazzi giovani, che di senior”. In bocca al lupo, dunque, ad un grandissimo del futsal italiano che ha scelto di appendere gli scarpini al chiodo, ma che non molla la presa su un universo,  quello del calcio a 5, che continua a vivere da protagonista da oltre 25 anni. 

 



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