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Euro 2014 | Diario di bordo, day #12: calma ragazzi, siamo campioni d'Europa!

 10/02/2014 Letto 1108 volte

Categoria:    Nazionale
Autore:   
Società:    VARIE





ROMA - Dulcis in fundo, il ritorno a casa. No, state tranquilli, non ce lo siamo dimenticati. Ebbene sì, siamo campioni d'Europa. Scusate il ritardo, ma comprendeteci. Fra ritorno, volo, pensieri ed emozioni, non è stato facile buttare giù due righe dopo la sera di sabato.

La giornata della finale inizia la mattina presto, passeggiando l'ultima volta tra le strade di Anversa. Proviamo a distrarci, senza pensare a cosa andremo incontro dì lì a poche ore, alla ricerca dei souvenir da portare a casa. Un po' di cioccolata, qualche “attacchino” (cit. Paolo Cassella) e poi via a casa e infine al palazzetto. Con il passare dei minuti inizia a salire l'ansia. Non pranziamo nemmeno, presi dalla voglia di raggiungere il più presto possibile lo Spartpaleis. Non vogliamo perderci neanche un minuto di quello che potrebbe essere un giorno storico. L'attesa è febbrile, la tensione ci divora e soprattutto ci viene anche fame: in sala stampa c'è la corsa al panino, neanche fossero dei diamanti. Riusciamo a trafugarne un paio, con uno scatto felino degno del miglior Bolt.

Ma insomma, panini o meno, il tempo scorre e la finale arriva. Una tavolata di giornalisti (praticamente ultras) italiani, prova tifare dalla sua piccionaia. Ma ci sono poche parole, tanta serietà e moltissima concentrazione, quasi a volerla trasferire ai giocatori in campo. È per questo motivo che quasi non ci rendiamo conto che la Spagna batte 8-4 il Portogallo nella finalina e veniamo catapultati all'ingresso in campo degli Azzurri. Il palazzetto è gremito (11.558 spettatori), gli italiani presenti sono più dei russi e il boato è da pelle d'oca. C'è l'inno e ci stringiamo l'un l'altro in un momento davvero speciale, catartico. Si parte e passiamo in vantaggio con Lima, poi i russi ci riprendono, ma è una grande Italia. Murilo ci fa sognare, Giasson ci esalta. Andiamo all'intervallo avanti 3-1. La ripresa è una sofferenza. Più per noi, che siamo lì su, che per gli Azzurri i quali tengono botta agli assalti russi con una naturalezza impressionante. Passa il tempo e più lo fa, più stentiamo a crederci. Stiamo resistendo e lo facciamo alla grande. Gli istanti finali i sono i più belli, quasi indescrivibili. Frenesia, tensione, lavoro, voglia di urlare e un'ondata di emozioni mai provata prima.

A 30'' dal termine capiamo che è fatta. Non possiamo più perderla ma non vogliamo crederci. Dalla tribuna stampa qualcuno di lascia andare in preda all'estasi e grida: “calma ragazzi che non è finita... siamo campioni d'Europaaa!”. Ormai non si aspetta altro che il suono della sirena. 5 secondi al termine, rimessa russa, palla sul fondo. Mancano 2''. Ci siamo. Rilancio, è finita. È fatta. Succede di tutto e di più. Quel posto in tribuna che avevamo tanto criticato, ora ci piace. Siamo alti, altissimi e guardiamo tutto ciò che succede. Siamo sul tetto d'Europa. I giocatori festeggiano, noi pure. Abbracci, grida, qualcuno piange, qualcuno salta in piedi sulla sedia. È un delirio.

Poi andiamo ad abbracciare gli Azzurri uno ad uno nel corridoio che li porta dal terreno di gioco agli spogliatoi. Ci sono i giocatori e c'è la coppa, bella come non mai. Pesante e sbrilluccicante. E pensare che dopo la Slovenia... vabbè, ma perché starne a parlare adesso? Durante le interviste succede di tutto: partono proposte di matrimonio, promesse di figli e si svelano profezie. Come quel foglietto consegnato tre ore prima della partita da Leggiero ad Ercolessi: Italia-Russia 3-1. Rimaniamo tutti a bocca aperta. “Ma che stai a dì”. Già, proprio così.

Si festeggia, ma si lavora anche. Fino all'una e un quarto, poi un salto all'albergo della Nazionale per le ultime congratulazioni e una foto con la medaglia d'oro. Stavolta, il bronzo non fa per noi. Non è finita qui, perché la notte è ancora lunga. Con l'aereo che parte alle 7.20 del giorno dopo da Charleroi, decidiamo di fare tutta una tirata e di non dormire. Ma in fin dei conti, chi diavolo sarebbe riuscito a dormire? Noi no di sicuro. Passeggiamo per Anversa parlando ed emozionandoci per quanto accaduto solo poche ore prima. Infine lasciamo il Belgio e atterriamo a Roma con la consapevolezza che un'esperienza come questa ci rimarrà impressa per tutta la vita. Grazie a tutti coloro che hanno contribuito a renderla unica e indimenticabile, grazie davvero.

Matteo Santi e Francesco Puma



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