Alcune storie succedono solo nei videogames. Può succedere che talvolta accadano anche fuori della vita virtuale, ma è raro che poi non ci si imbatta in un game over. Michel Amati è l'esempio vivente che certi grandi salti di qualità possono succedere: due categorie saltate di netto.

STORIA – Quella del classe '90 è una storia che succede una volta su mille o forse più. Perchè Michel non era neanche un giocatore di futsal; anzi, a dire il vero, neanche giocava più. Prima, nel giocatore che ora veste i colori del Lecco, c'era solo il calcio. Lunga trafila nella disciplina più amata d'Italia, con le casacche dell'Oggiono e del Real Bulciago. Poi due anni sabbatici e l'approdo nei parquet dei palazzetti, passando per una breve esperienza sul sintetico. “Ho iniziato a gennaio a giocare ufficialmente a calcio a 5, dopo anni 2 anni che ero fermo dal calcio a 11. Mi sono trovato subito bene e a mio agio per il tipo di gioco”. Il Malgrate è stato il club che gli ha dato una nuova carriera. Una scelta giusta, considerando come sta proseguendo. “Grazie a mister Seghetti ho avuto la possibilità di entrare a far parte di questo gruppo; devo dire che il cambiamento da D a B è stato enorme, sia come impegno che come qualità di gioco. Per me è una grande occasione per imparare e crescere in questo sport, ce la sto mettendo tutta per arrivare ai livello dei miei compagni; anche se sarà lunga”.

DIFFERENZE - “Sono molto diverse come discipline sportive, il calcio e il futsal. Le cose più lampanti ed evidenti sono l'intensità, i tempi di gioco molto più ristretti; sei sempre nel vivo dell'azione quando sei nel rettangolo verde e ti accorgi che ogni movimento conta, anche il più banale”, il racconto di Michel sulla sua nuova vita di sportivo e sulla nuova disciplina. C'è tanto da dover recuperare, tanto da imparare da zero in molti casi. “Per giocare a questi livelli devi essere sempre concentrato e dare il massimo e spero con il tempo di migliorare e  riuscire a contribuire di più per la squadra. Voglio migliorare giorno per giorno”.

Marco Panunzi

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