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Rubrica | L'Analisi tattica di Calabria: "Non ingesso chi ha talento, difendo a zona ma amo cambiare"

 11/12/2014 Letto 1591 volte

Categoria:    Giovanili
Autore:   
Società:    RAPPRESENTATIVA





Anche se è banale dirlo, David Calabria, come del resto tutti i tecnici che abbiamo sentito fino ad oggi, è uno che non ha bisogno di presentazioni. Abile con i piedi, fu definito dall'ex tecnico della Nazionale, Alessandro Nuccorini, “il primo esempio di portiere moderno”. Terminata la sua gloriosa carriera, impreziosita da 15 presenze in Azzurro, ha iniziato quella da allenatore, sedendosi sulle panchine di Fiumicino, Torrino, Ostia, Albano, Capitolina e Lazio femminile, con la quale ha battuto ogni record vincendo campionato e Coppa Italia, senza mai perdere una partita. Attualmente allena la Rappresentativa Giovanissimi e femminile del Lazio. È anche autore di tre libri: "Il portiere di Calcio a 5", "Calcio a 5 - Nuove esercitazioni per il portiere" e infine "Il portiere di calcio a 5: analisi del ruolo e metodologia di allenamento".

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Cos'è la tattica nel futsal?
L'organizzazione collettiva applicata alle adeguate caratteristiche dei giocatori a disposizione. Alla tattica collettiva va associata la tattica individuale, come elemento necessario alla perfetta esecuzione dell’insieme.

Quanto conta?
Fondamentale. In uno spazio di 40x20 l’organizzazione difensiva ed offensiva permette di ottimizzare le qualità individuali sia nella fase di possesso che di non possesso. Per ciò che concerne la tattica individuale, saper orientare il corpo nella pre ricezione di un pallone, nel mantenimento dello stesso, avere logiche nelle linee di trasmissione da attaccare o da difendere, e così via, ritengo siano elementi di assoluta rilevanza in un contesto organizzato.

Come è cambiata dalla nascita del futsal ad oggi?
Se parliamo del percorso calcetto-calcio a 5-futsal, credo che avrei necessità del vostro intero sito per poter raccontarne le evoluzioni. Scherzi a parte, il futsal credo abbia marcato da tempo un netto e proprio territorio rispetto al passato, con prestazione atletica, tecnica e tattica individuale e collettiva di assoluto spessore.

Quanto contano i moduli?
Credo tantissimo. Oltre che verso una auspicata efficacia tattica, li considero come una forma di eccelso supporto alla concentrazione mentale nella intera partita. Lo stimolo della mente attraverso cambi di modulo in fasi di partita stagnanti, o all’opposto avere dei riferimenti tattici durante fasi di gioco in cui, per stanchezza o pressione psicologica, la capacità attentiva si smarrisce improvvisamente, sono elementi che mantengono, ripristinano o persino migliorano lo “stare” mentalmente nella partita.

Qual è il tuo modulo preferito e perché?
Il mio modulo difensivo principale, che applico in qualsiasi tipologia di squadra che alleno, è fatto di zona pura, prevalentemente una zona pressing molto alta, oppure in alternativa una zona a ridosso della metà campo, ed in terza scelta una zona ancora più bassa: tutte con l’obiettivo di intercettare palla in determinati settori. Tendo comunque a tenere nel cassetto anche la difesa individuale, per qualsiasi difficoltà possa incontrarsi durante il percorso di una partita: ma la centellino, per non creare magari eccessiva confusione. A livello offensivo, lavoro prevalentemente su quattro concetti, tre di movimenti “zonali” (centrale, laterale, 4-0), più lavoro di possesso palla. La “profondità” dei moduli offensivi sarà poi dettata dalla qualità tecnica di chi ho a disposizione: non potrò mai “ingessare” Lucileia, Gayardo o Blanco con moduli fino all’area avversaria, ma limiterò il modulo a mera introduzione verso le loro qualità.

Ti capita di cambiare modulo nel corso della partita?
La considero la mia crescita di allenatore da quando ho iniziato ad ora. Sì, certo, cambio e mi piace farlo. Non voglio una squadra monotematica, ma pronta alla duttilità. Nella finale di Coppa Italia contro la Ternana, ad esempio, il continuo passaggio da 3-1 a 4-0, e il continuo spostamento di posizione tra Blanco e Lucileia, credo abbiano cambiato un po’ di riferimenti nella difesa avversaria, e messo le mie giocatrici nelle migliori condizioni per sfruttare le loro immense capacità. Copio e incollo le parole del mio amico Mario Mura: alla fine sono i giocatori che vanno in campo e vincono la partita.

Quanto è importante studiare la tattica avversaria?
Quando uno ha gli strumenti per farlo, tantissimo. Anche se generalmente tendo a cercare di imporre il mio modulo alla partita, sapere tuttavia preventivamente moduli di gioco offensivi e difensivi, situazioni da fermo, individualità particolari, situazioni spot, aiuta non poco, inutile negarlo. Al contempo, però, credo occorra avere anche la capacità di ovviare nel caso in cui, rispetto a quanto studiato, l’avversario ti possa cambiare le carte in tavola. Cito un esempio nella partita peggiore fatta dalla “mia” Lazio lo scorso anno. Nei quarti di Coppa Italia con il Montesilvano, la nostra pressione alta, che quindici giorni prima ci aveva permesso di stravincere contro la stessa squadra, stavolta faceva acqua ovunque, con un avversario ed una serie di condizioni tattiche ed emotive che ci hanno effettivamente sorpreso. In quel caso, senza vergogna alcuna, mi sono “abbassato” per un po’ ai quindici metri, per poi, passata la tempesta e recuperata fiducia, rialzarmi a metà campo, fino a risalire nuovamente alti e tornare al nostro standard.

Hai mai vinto una partita con una intuizione tattica?
Sì, mi è capitato, sono stato bravo e fortunato, in alcuni casi. Un allenatore ha però difficoltà a dire quando l’intuizione è invece costata cara. Vi racconto un aneddoto simpatico, si fa per dire: una volta, vedendo un avversario fortissimo, dopo un minuto ebbi la fatidica intuizione e dissi ad un mio giocatore di marcarlo ad uomo ovunque, corredando la cosa con frasi “alla Al Pacino”. Ebbene, perdemmo la partita 7-4: indovinate chi fece tutti e sette i gol avversari?

Non posso non chiederti a che partita fai riferimento.
A Torrino-Matera, anno 2002. Il difensore era Piacenti, l'attaccante era Stigliano.

Quanto sono importanti le palle inattive?
In spazi ristretti ed a volte soffocanti, un piazzato può essere il soffio d’aria che spinge il pallone in rete. Adoro i piazzati, e mi piace starci su: capisco che è la parte più noiosa dell’allenamento, ma quando poi il giocatore vede la realizzazione su campo, magari conta fino a dieci e si allena un po’ più volentieri.

Difesa a uomo o a zona? E perché?
Come detto, adotto difesa a zona. Ho la piena consapevolezza che ai massimi livelli non sia facilmente applicabile, per la velocità del gioco che non consentirebbe il minimo errore. Ma è altrettanto vero che si vive in tanti casi di zona: basti pensare alla difesa su portiere di movimento o sulla inferiorità numerica da espulsione, fino alle situazioni spot di difesa contro le ripartenze, dove il corpo deve adeguarsi alla marcature delle linee di passaggio. Nel mio circuito, scelgo la zona perché mi dà degli obiettivi precisi di riconquista del pallone, mi permette tendenzialmente di mantenere dei ruoli prestabiliti, perché statisticamente commette meno falli, perché credo che, specie nei settori giovanili, educhi la capacità razionale applicata su campo.

Fai uso della match analysis?
In modo personale, sì. Generalmente, nella prima metà della stagione, riprendo la partita, seziono le situazioni individuali e collettive degne di analisi, presentando le prime al singolo giocatore, le altre alla squadra. Nella seconda parte della stagione la continuo in modo personale, proiettando l’eventuale discussione dei casi direttamente su campo.

Quante ore dedichi alla tattica durante gli allenamenti settimanali?
Diciamo che è presente in tutte le sedute, con criteri che adotto a seconda degli allenamenti a disposizione. Nel giorno in cui magari si lavora con carico fisico, cerco di attenuare la fase tattica, in quanto credo che il regime di attenzione rischi di essere non propriamente elevato. Ovviamente, più ci si avvicina alla partita, più aumenta il contesto tattico. Per fare un esempio pratico e orientativo, in un’organizzazione di quattro allenamenti settimanali su campo, considerando il quarto allenamento come rifinitura pre partita, il terzo giorno rappresenta l’apice della mia considerazione tattica settimanale.

Quanto conta il quintetto iniziale nell'arco della partita?
Non credo a chi dice che conta poco, specialmente se una squadra ha determinate caratteristiche. Dico sempre ai miei giocatori, però, che è sì importante chi entra all’inizio, ma è fondamentale chi entra a seguire, perché deve mantenere la prestazione in caso di inizio positivo, migliorarla in caso negativo.  

Puoi nominare il prossimo allenatore che si sottoporrà alle domande di “Analisi tattica”?
Vorrei nominare Fabrizio Ranieri, allenatore dell’Olimpus Olgiata.


Francesco Puma



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