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Rubrica | Dietro le quinte: Mauro Micheli, una vita al servizio della Carlisport... Cogianco

 18/09/2014 Letto 1214 volte

Categoria:    Serie A2
Autore:   
Società:    CIOLI COGIANCO





Mauro Micheli rispetta le caratteristiche di chi nel calcio a 5 ci è cresciuto, come tanti partendo dal calcio a 11, quando il futsal italiano era ancora in embrione. Da giocatore calca i campi amatoriali e quello del Santa Palomba, prima di farsi cofondatore della Carlisport C5 nel battesimo del 2002. Parla umilmente della sua storia, ma è proprio con la Carlisport che il suo curriculum si fa di tutto rispetto, da allenatore: pochi anni per arrivare alla B, fino alla promozione in A2 della scorsa stagione. Ora il matrimonio societario con la Cogianco Genzano e la reggenza del timone tecnico della prima squadra ancora affidata a lui.


Com’è il passato di Mauro Micheli, da giocatore?
“Non così glorioso, credetemi –ride, ndr-. Come tanti nel settore sono nato nel calcio a 11. Ho giocato da quando avevo sette anni fino ai diciassette, anche abbastanza bene direi, arrivando a livelli regionali. A quell’età poi ho smesso, come si diceva in questi casi, per colpa di chi non mi aveva venduto –ride ancora-. Sono passato attraverso un periodo di stop, in cui studiavo e lavoravo, poi intorno ai ventidue-ventitre anni ho ricominciato con il calcio a 5. Con amici abbiamo giocato molto in diversi tornei amatoriali di zona, è stato il periodo in cui è nata la mia passione per questa specialità. Sono approdato alla serie D del Santa Palomba che allora si allenava al PalaCesaroni, spesso con i compagni di squadra ci fermavamo a vedere la serie A di Genzano. Dopodiché, l’avventura con la Carlisport, nel 2002: una serie D voluta da un gruppo di amici, sorta grazie al trovato sponsor della Carlisport. Da giocatore ho proseguito qui per due stagioni, due anni in cui mi sono rotto il ginocchio tre volte. Alla terza, mi sono arreso: avevo trent’anni”.

Qui è iniziata la tua carriera da tecnico…
“Ho proseguito subito alla Carlisport, sì, ma per il primo anno da dirigente. Dal 2005-2006 ho iniziato ad allenare. Con l’arrivo di Lommi quale direttore generale ed il passaggio in C2, la società e la prima squadra sono andate passo dopo passo crescendo e salendo di categoria, e con esse il mio percorso da tecnico. Due anni fa per mesi ho seguito il settore giovanile della Juniores e degli allievi oltre alla serie B, e la passata stagione l’impegno che la prima squadra ha richiesto è stato tanto. Il passaggio in A2 e la grande unione con la Cogianco Genzano che ora è realtà richiedono uno sforzo ancora maggiore. Un impegno che di anno in anno è divenuto e continua a diventare sempre più grande insomma, ma che è sicuramente carico di tante soddisfazioni. La mia crescita personale come tecnico non si è arrestata: se mi fermo a riflettere su come ero già solo tre anni fa e mi guardo ora, vedo tanta differenza. Credevo di sapere di calcio a 5, quando ho continuato ad imparare. Ed è un processo che deve proseguire, con umiltà. Sicuramente il mio curriculum da allenatore è molto migliore di quello da giocatore, ma al di là dei numeri conta la passione: possiamo farne un discorso di tecnica e categorie, ma senza il piacere e l’entusiasmo anche le capacità contano poco”.

Un episodio della tua carriera che ricordi particolarmente?
“Dico un’ovvietà, di episodi ce ne sono tanti, sia in positivo che in negativo. E per mia natura tendo a dimenticare le positività molto in fretta, pensando già alla prossima sfida. Ma sicuramente la vittoria della passata stagione e la promozione in A2 sono indimenticabili: il ricordo della sera del 31 maggio 2014 rimane indelebile”.

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Emanuela Mannoni



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