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Rubrica | Dietro le quinte con Cardinali: "Ciampino è la mia casa, tra retroscena, aneddoti e obiettivi non raggiunti"

 17/10/2014 Letto 705 volte

Categoria:    Serie B
Autore:   
Società:    ARDENZA CIAMPINO





C’è chi passa attraverso il movimento del futsal italiano da atleta e chi al futsal lascia tanto in virtù di anni spesi in organizzazione, collaborando attivamente a quella crescita i cui risultati sono oggi sotto gli occhi di tutti. Il calcio a 5 ha con Eugenio Cardinali un debito in questo senso: attivo dagli ultimi anni ’90 a livello dirigenziale, Cardinali ha attraversato, con un paio di brevi parentesi, un quindicennio di storia del Ciampino, per arrivare a ricoprire il ruolo di vice presidente nell’attuale Ardenza. Dai primi 2000 dell’ascesa dalla B alla A, alla fusione con la Bnl, ad ogni nuovo inizio e cambiamento, col Ciampino non è stato solo dare però: dal futsal, Eugenio continua a ricevere tanto.

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Partiamo dall’inizio, ovviamente… in principio Cardinali era?
A livello atletico la storia è abbastanza scarsa (ride, ndg). Tutto nasce a metà degli anni Novanta, quando con la classica squadra degli amici decidemmo di non proseguire nei tornei amatoriali e di iscriverci in campionato. Il nome del team era Pms, dal nome della via in cui ci allenavamo. Dopo un paio di anni arrivò la promozione, e io lasciai il campo per motivi tecnici, diciamo.

E da lì la tua storia è proseguita a livello organizzativo…
Iniziai lì a lavorare a bordo campo, sì. Subito dopo ci furono le fusioni con l’Arca e l’Academy Tours, per arrivare fino alla serie A nazionale. Ho proseguito nell’attività dirigenziale passando per vari cambiamenti societari, fino all’approdo con diversi amici al Ciampino. Erano i primissimi anni Duemila, ed i gruppo era in serie B. Nel giro di un paio di stagioni si passò alla A2, poi alla A; di seguito la fusione con la Bnl Roma e di nuovo l’iscrizione in B. Escludendo le parentesi collaborative con Cinecittà e Settecamini, sono sempre rimasto al Ciampino. Per diverse stagioni ho seguito il giovanile fino a coprire la carica di team manager, e da quest’anno sono vice presidente, senza passare attraverso il ruolo di direttore sportivo. Oramai c’è un feeling strettissimo con la società e lo staff, la mia scelta è di rimanere finché ci saranno le condizioni ed il connubio con gli impegni lavorativi me lo permetterà. Chiuderò qui la mia carriera, non credo andrò alla ricerca di ulteriori collaborazioni.

Cosa rappresenta per te e come vivi quest’impegno?
Do per scontata l’ovvia passione che ne costituisce la base e senza la quale non ci sarebbe mai stato nulla. E mettendola un momento da parte, credo che la parola più giusta per definire il mio modo di vivere l’impegno sia serietà. È una collaborazione che mi ha permesso e mi permette ancora di conoscere tante persone e di mantenere legami, di affrontare aspetti organizzativi che a livello personale sono sempre una ricchezza in più. In ricoprire il ruolo di vice presidente da quest’anno è sicuramente poi fonte di molta soddisfazione. Ringrazio le tre persone che mi hanno voluto in questa carica, gli imprescindibili Onorati, Tomaino e Del Tutto e che lo scorso anno hanno lavorato in maniera compatta per la creazione di un gruppo solido a lungo termine.

Nella tua lunga collaborazione col Ciampino, c’è un ricordo a cui sei particolarmente legato?
Tanti ricordi ovviamente. Ma di sicuro l’anno della salvezza in A1 con mister Tallarico, prima della fusione e la ripartenza dalla B del 2003-2004 Da neopromossi giungemmo ai playout e ad una combattutissima finale al PalaTarquini di Ciampino. C’era gente ovunque nel palazzetto, persino incollata ai vetri esterni. Dovevamo pareggiare per agguantare la salvezza e trovammo il gol risolutivo all’ultimo minuto, in condizione di inferiorità numerica per giunta… Una finale di cui assolutamente ricordo ancora l’emozione.

Un retroscena mai svelato o un aneddoto di corridoio o spogliatoio?
“Mah, segreti da mantenere non ce ne sono mai stati… come credo non ce ne siano ovunque si lavori con serietà. Un caso simpatico è quello del nostro magazziniere Tonino De Luca, che quest’anno vive con particolare apprensione la preparazione dei vari kit prima di ogni gara. Sono costretto a contattare in anticipo ogni settimana la squadra che incontreremo per sapere le tenute richieste, in modo che Tonino il venerdì sera possa avere pronte maglie e quant’altro”.

In vent’anni di storia, dai tempi della A, attraverso il Ciampino sono passati tanti personaggi, dallo staff agli atleti: qualcuno che ha lasciato un segno indelebile? Tipo mister Tallarico?
Fausto sicuramente ha dato tanto al Ciampino: ci ha permesso la A2 e poi la A1, raggiungendo la salvezza con un gruppo composto da tutti giocatori italiani a disposizione, quando già la massima serie iniziava a diventare quello che oggi è, cioè un campo altamente professionista. È a tutto tondo un personaggio che ha dato e che continua a dare molto al movimento. Per quanto riguarda i giocatori nel tempo ci siamo legati a persone con cui siamo davvero rimasti in ottimi rapporti: penso a Federico Buontempi, che in diverse fasi è stato tra i pali con noi, dall’inizio dell’A2 e alla B di cinque-sei anni addietro, per rientrare due anni fa in veste di direttore sportivo; a elementi come Quagliarini e Piscedda, promesse del settore poi affermate sul campo nazionale, con cui siamo innanzitutto amici, o Simone Pratoni, per tre stagioni nostro capitano. E per menzionare qualche straniero ricordo i ragazzi con cui vinsi la finale di Coppa Italia Under 21 con l’Augusta al secondo anno di Bnl, sotto mister Curti: Teixeira, Cavasin… o Scandolara. Credo che il mantenimento di contatti ed ottimi rapporti con tanti dei nostri giocatori sia un tratto distintivo del Ciampino, sintomo del clima che lo caratterizza.

Una carriera lunga come la tua è costellata di tante soddisfazioni. Ma c’è un sogno che ancora conservi, un obiettivo che ancora pensi di non aver raggiunto personalmente?
Quando sei dirigente i desideri personali sono direttamente legati agli obiettivi societari, differentemente da quanto può avvenire per un atleta. Sicuramente rimane la voglia di disputare un campionato di livello superiore, ma in quel caso bisognerebbe comunque tenere molto chiari in mente gli aspetti organizzativi ed economici.


Emanuela Mannoni



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