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Italiani in Belgio | La cartolina di Astegiano: «Italia mi manchi, ma senza il futsal non so stare»Âť

 12/02/2014 Letto 1194 volte

Categoria:    Femminile
Autore:   
Società:    VARIE





La vita porta spesso a prendere delle decisioni difficili. Che ti allontanano dagli affetti e dalle passioni. Sono scelte che aiutano a crescere e a maturare come persone. Ma se dentro di te hai qualcosa di speciale, le strade con il tuo mondo prima o poi si ricongiungono. Paola Astegiano, una passione smodata per il futsal, trasferitasi in Belgio per lavoro, con gli Europei a casa sua, non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione di tifare Italia e respirare l'aria di un calcio a 5 che conta. Una come Paola, un'amica ancor prima che una giocatrice, non potevamo farcela scappare.
 

Paola, come è il Belgio? C'è altro di rilevante oltre il freddo?
Sì dai, qualcosa sì. Ci sono i waffle con la Nutella, le patatine fritte, la birra e la cioccolata (risata, ndr). A parte gli scherzi, si sta bene. Certo in alcuni periodi è dura, l'Italia mi manca, ma non si può dire che si viva male.

Cosa ti manca di più dell'Italia?
Gli affetti e il futsal. Ormai è un anno che sono qui a Leuven, sto facendo un dottorato di ricerca in ingegneria dei trasporti alla Catholic University. È stata un'offerta di lavoro importante e irrefutabile, perché ho sempre avuto due passioni: fare ricerca e, appunto, il futsal. Finché le ho potute portare avanti di pari passo è stata la cosa più bella del mondo, ma ad un certo punto ho dovuto rinunciare ad una delle due: una cosa ti dà da vivere, l'altra no.

Che ricerche hai fatto per trovare una squadra di calcio a 5 femminile?
Inizialmente, appena ho saputo di venire, ho chiesto a tutto il mondo se conoscevano realtà di futsal. Il primo contatto, però, è stato con una squadra di calcio a 11, ma l'impatto è stato terribile, soprattutto per le rigide condizioni climatiche con cui ci dovevamo allenare. Non ne avete neanche idea. Inoltre, il calcio non fa per me – giocavo a centrocampo – e amo troppo il futsal. Mi sono allenata per un mesetto e poi alcune ragazze mi hanno segnalato una squadra di calcio a 5, ed eccomi qui. Non è certo il livello di una nostra serie A, anzi, è molto amatoriale: non facciamo allenamenti specifici, ma solo partitelle.

Come si chiama la tua squadra? E è lo stesso futsal che si gioca da noi?
Si chiama Torby! Fortunatamente tutti i campi sono al chiuso, anche se le regole sono un po' diverse: riprendono un po' quello che era in origine il futbol sala. Non c'è contatto fisico, non ci sono i quattro secondi sulle rimesse, si può passare due volte indietro al portiere, che può prenderla con le mani, e non c'è neanche il tiro libero. Una variante è il cartellino blu: cioè vieni espulso dal campo, ma può subentrarti un giocatore e neanche salti la partita dopo. Inizialmente, siccome non c'è un'organizzazione di gioco come la intendiamo noi, io facevo i movimenti giusti che però - secondo le compagne - erano quelli sbagliati (ride, ndr). Non sapendo le regole, né all'inizio la lingua, facevo tantissimi falli: al minimo contatto fisico, mi fischiavano tutto. Adesso però devo ringraziare le ragazze, è l'unico modo che ho di continuare a giocare a futsal e mi fanno sentire a casa. Condivido parecchio tempo con loro, per me è stato importantissimo già il solo fatto di poter giocare.

Quali risultati hai ottenuto con la tua squadra?
Lo scorso anno abbiamo vinto campionato, coppa e Supercoppa. Quest'ultima mi è rimasta impressa: perdevamo 2-0 e abbiamo vinto in rimonta 3-2 con tre gol miei.

C'è una nazionale belga di calcio a 5 femminile?
No, altrimenti potrei pensare di naturalizzarmi (sorride, ndr). Spero comunque che in Italia si possa formare la Nazionale italiana il più presto possibile, sarebbe bello vederla e tifarla.

Al termine del tuo dottorato in Belgio ci sarà la possibilità di vederti tornare a giocare in Italia?
Mi piacerebbe, se il mio futuro lavorativo mi riporterà a casa, sì. Con la consapevolezza che non sarà come prima, che avrò 30 anni e lo farò semplicemente per la voglia di fare futsal e per le emozioni che questo sport mi ha sempre dato.

Stai seguendo la nostra Serie A?
Sì, ho amicizie e mi piace seguirlo. Penso sia opinione comune che una sola può perderlo: la Lazio. Ha costruito una grande squadra sotto tutti i punti di vista. Certo sulla partita secca tutto può succedere, ci sono altre squadre che mi piacciono: Montesilvano e Statte, possono sempre dire la loro, mi piacerebbe potessero portare a casa un trofeo. Un'altra squadra molto forte, ma inaspettatamente incostante, è la Ternana. Non mi aspettavo l'AZ così in alto, ero scettica, ma probabilmente anche la mano di Segundo sta facendo la differenza: lo conosco di persona e credo sia proprio suo il merito. Per il resto la Virtus Roma – ultima squadra che ho lasciato, che ringrazio sempre per come mi hanno trattato anche se per pochi mesi – è stata falcidiata dagli infortuni che ne hanno influenzato il percorso. Credo che le vincitrici di coppa e campionato possano uscire dal girone B o al massimo dal C perché c'è lo Statte. Non vedo in Sinnai, Kick Off, Isolotto e Portos squadre che possano giocarsela fino in fondo.

C'è qualcuno che vuoi salutare?
Voglio fare un in bocca al lupo alla persona alla quale sono più legata, che è Diana Bellucci, spero davvero che possa finalmente esplodere, che è pure ora. È arrivato il momento di far vedere chi è.


Matteo Santi e Francesco Puma



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