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Rubrica | Scarpini in fuga, l'esperienza di Zani a Detroit: "Qui per crescere come uomo, sogno di incontrare Datome"

 03/10/2014 Letto 1216 volte

Categoria:    Vari
Autore:   
Società:    VARIE





Questa settimana “Scarpini in fuga” intraprende un viaggio lontano, attraversa l’oceano e approda negli Stati Uniti, terra di sogni e di speranze, ma anche di magia e di opportunità. Siamo a Detroit, la capitale mondiale dell’automobile, cresciuta grazie all’intraprendenza di Henry Ford e dei fratelli Chrysler e ora sede del quartier generale della General Motors. A Detroit si è trasferito da qualche settimana Matteo Zani, l’ex portiere del Futsal Ostia. Grazie al supporto della CA Futsal Agency, infatti, Zani è volato negli Stati Uniti per giocare con i Detroit Waza Flo a indoor soccer, una disciplina poco conosciuta in Italia, ma abbastanza seguita oltreoceano. Uno sport che si diversifica molto dal nostro calcio a 5. Non esistono falli laterali, cambiano pallone e dimensioni del campo e c’è tanto contatto fisico. Una scommessa che l’ex estremo difensore lidense ha accettato con grande entusiasmo, trasformando in realtà la sua passione verso gli sport “Made in USA”.

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Ciao Matteo. Ovviamente le domande e le curiosità da chiederti su questa nuova avventura sono tante. La prima è senza dubbio conoscere come è nato tutto. C’è un motivo particolare che ti ha spinto a scegliere proprio gli Stati Uniti? Come sono stati i tuoi primi giorni a Detroit?
Diciamo che è nato tutto per caso. Un mio amico e a oggi anche mio agente, Andrea Candeloro, mi ha proposto di fare questa esperienza negli Stati Uniti, dove questa squadra, il Detroit Waza Flo, cercava nuovi giocatori. Sono andato a fare i "tryouts" che consistono in una prova di quattro giorni sia con i giocatori attuali della rosa e sia con altri giocatori da tutto il mondo. Il motivo che mi ha spinto ad andare negli Stati Uniti è che io amo lo sport “americano” in generale, perché lo considero un paese in cui lo sport è praticato professionalmente e non sotto forma dilettantistica e poi è visto come una parte importantissima sia nel sociale e sia nella vita di tutti giorni. I miei primi giorni a Detroit sono stati bellissimi, non mi hanno fatto mancare nulla. La società è gestita in modo professionistico e l'atleta deve solo pensare alle cose di campo. Sicuramente mi sono scontrato diciamo in positivo con la realtà dello sport americano dove lo si vive a 360°, ma la cosa che più mi ha impressionato è la cura maniacale per il settore giovanile, dove stanno anni luce davanti a noi: bambini e bambine che giocano insieme e curano ogni particolare tecnico, ma soprattutto morale di fare sport.  Una cosa bellissima che ci deve far riflettere in Italia.

L’indoor soccer ha delle profonde differenze con il nostro futsal (misure del campo, pallone e soprattutto le sponde). Si bada molto allo spettacolo come da tradizione degli sport americani. Il tuo approccio con questa nuova disciplina come è stato? C’è speranza di vedere in futuro anche un campionato italiano?
Questo sport è soprattutto molto più fisico e i ritmi in certi momenti sono molto più veloci perché con le sponde la palla non esce quasi mai. Il campo è un po’ più grande e ha le dimensioni di un campo da hockey su ghiaccio. Anche molte regole vengono dall’hockey come la spazzata, l'espulsione a tempo e il contatto totale tra giocatori. Però, devo ammettere che il livello è alto anche grazie a molti giocatori stranieri sudamericani, africani ed europei, ma soprattutto messicani, che hanno alzato il tasso tecnico delle squadre. Il mio approccio iniziale è stato un po’ traumatico, soprattutto per il cambio del pallone, perché si gioca con quello da calcio e poi per le sponde a cui non ero abituato, ma dopo poco che sei in campo ti abitui. Le cose sono andate sempre meglio e devo ammettere che mi sta piacendo molto questa disciplina perché noi portieri siamo impegnati non solo parando, ma dobbiamo giocare anche con mani e piedi. Spero che si riesca a sponsorizzare questo sport in Italia, infatti, con il Detroit e il mio agente proveremo a esportarlo. Vedremo come andrà la cosa, chissà...

Puoi raccontarci la tua giornata tipo a Detroit? Come ti trovi con il mangiare, con le loro abitudini, la tua nuova casa, i compagni di squadra e soprattutto con la lingua?
Purtroppo ancora non posso dare una risposta completa dato che tornerò a Detroit la prossima settimana. Posso parlare solo dei quattro giorni che ho trascorso lì. La mattina si andava in giro per vedere giocatori, soprattutto giovani dell'università, poi si mangiava insieme ad altri compagni di squadra e nel pomeriggio molti della rosa allenavano nel settore giovanile della società fino a tardi, infine la sera ci si allenava per i tryouts. Sul mangiare devo ammettere che non è stato molto traumatico nel senso che la società ha dei ristoranti sparsi per Detroit e hai vasta scelta sul cibo, quindi se vuoi, puoi mangiare anche italiano. Per la casa, per questi quattro giorni e buona parte anche per quando tornerò, sarò ospite nella villa del presidente, anche se ci sono delle case e un albergo dove è affiliata la società, quindi ho vasta scelta per alloggiare. I compagni mi hanno fatto sentire subito a mio agio. La fortuna è che siamo una squadra internazionale e quindi c'è molta complicità tra di noi e ci si aiuta sempre a vicenda per qualsiasi cosa come in una famiglia, è stata una piacevolissima sorpresa. Per la lingua piano piano sto migliorando con l'inglese, ma la fortuna è anche che siamo molti stranieri nella rosa e quindi si parla un po’ di spagnolo, italiano e portoghese, però, è chiaro che la lingua principale resta l'inglese.

Quando si parla di Detroit il pensiero degli sportivi italiani va al cestista Gigi Datome, passato dalla Virtus Roma ai Pistons in NBA. So che sei un appassionato di basket. Lo andrai a vedere all’opera durante qualche partita, magari anche per incontrarlo di persona?
È vero, quando si parla di Detroit si pensa subito a Gigi Datome e dico anche giustamente. Sì, sono amante dell'NBA, però, tifo Los Angeles Lakers. Quando verranno a Detroit, vorrei poter andare a vedere sia loro che i Detroit Pistons. Spero vivamente di riuscire a incontrare Datome, sarebbe una cosa molto bella. Speriamo che si possa organizzare la cosa, ma dipenderà molto dalle due società, se è una cosa fattibile.

Cosa ti mancherà di più dell’Italia? Riesci a seguire a così tanti km di distanza la Serie A di calcio, la tua squadra del cuore e i risultati dei tuoi ex compagni di squadra di calcio a 5? 
Sicuramente mi mancheranno le persone più care come la famiglia e la mia ragazza, ma fortunatamente mi verranno a trovare appena potranno. Con molte probabilità avrò la fortuna di tornare in Italia sotto le vacanze di Natale, questa è già una buona cosa. Spero di seguire il più possibile la Serie A dato che amo il calcio, ma soprattutto la Lazio, la tiferò tanto anche da Detroit. Poi per quanto riguarda i mie ex compagni di squadra e società dove sono ancora legato le seguirò con attenzione sempre; grazie anche a Facebook e ai siti competenti sarò sempre aggiornatissimo su tutto.

Cosa ti aspetti da questa nuova avventura e come vedi il tuo futuro?
Da questa avventura mi aspetto molte cose sia per quanto riguarda la vita professionale, ma soprattutto l’aspetto personale perché avrò a che fare con una cultura e uno stile di vita completamente diversi dall'Italia, Si parla una lingua diversa ,ma sono sicuro che sarà un bel bagaglio di esperienza che mi farà crescere come uomo e come giocatore. Per il mio futuro spero di consacrarmi qui negli Stati Uniti e, se ci sarà la possibilità, di lavorare in questa società a 360°. Ne sarei felicissimo, però, non nego anche la possibilità di ritornare in Italia per qualcosa di bello e stimolante, dato che tornerei con un bel po’ di esperienza in più da insegnare soprattutto ai più giovani, raccontare cosa vuol dire giocare e vivere all'estero.


Elia Modugno



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