Pordenone, Hrvatin non si pone limiti: "Una volta raggiunta la salvezza tranquilla..."
Fine anno, tempo di bilanci. Al termine di un 2025 che ha visto il Pordenone cambiare tanto e rilanciarsi, a cavallo fra la scorsa e la presente stagione, chi meglio di mister Marko Hrvatin potrebbe contribuire a tracciare quello neroverde? Alla quinta stagione sulla panchina dei “ramarri”, su cui si è seduto per 133 volte, il tecnico sloveno non sveste la propria determinazione anche in un’intervista a bocce ferme. “Non userò frasi a doppio senso per creare problemi ad allenatori avversari - rimarca -, ma intendo dire tutto quello che a tutti potrebbe interessare, come sempre in maniera diretta”.
Mister, nel 2025 siamo passati dai playoff sfumati ad aprile nella seconda metà della passata stagione, all’ottimo avvio nella prima metà di questa: che bilancio trai, in generale?
“Il 2025 è stato un anno molto difficile per me, soprattutto per problemi personali in famiglia. Dal punto di vista sportivo, invece, è stato un anno in cui abbiamo affrontato tantissime difficoltà, che però raramente si sono viste in campo, fatta eccezione forse per la sconfitta di Milano dello scorso anno. I playoff ci sono sfuggiti per un solo punto a dieci minuti dalla fine, dopo diverse partite in cui abbiamo buttato via punti davvero incredibili. Se devo essere sincero, probabilmente come gruppo eravamo tutti insieme un po’ troppo “belli” e un po’ meno cattivi e affamati rispetto agli anni precedenti. Esattamente l’opposto, invece, è stata la prima parte di quest’anno: non siamo stati particolarmente belli, ma abbastanza cattivi e determinati per poter competere con chiunque. Il problema è chiaro. Dopo il grave infortunio di Bortolin, unito all’assenza di Langella per due mesi, ci siamo ritrovati piuttosto corti, anche perché non avevamo coperto un ruolo fondamentale come quello del pivot: probabilmente un errore che non avremmo dovuto commettere”.
Per quale partita di entrambe le metà hai più rimpianti? E quali ti riempiono più d’orgoglio?
“L’anno scorso, sicuramente, le due partite contro il Lecco: erano gare in cui avremmo dovuto portare a casa sei punti e invece ne abbiamo raccolto appena uno. In trasferta eravamo avanti 0-3 dopo il primo tempo e abbiamo praticamente regalato la vittoria a dieci secondi dalla fine; in casa, invece, abbiamo sbagliato un gol clamoroso a porta vuota che avrebbe chiuso la partita. Quest’anno, al contrario, una gara per cui ho moltissimi rimpianti è il pareggio nel derby col Maccan Prata, arrivato su un tiro libero un po’ fortunoso a trenta secondi dalla fine: ma è stata una gara allo stesso tempo mi riempie d’orgoglio, perché abbiamo dimostrato a tutti che, sia dal punto di vista tattico sia per cuore e mentalità, non siamo inferiori a nessuno. Questo il derby lo ha dimostrato chiaramente”.
Ci sono stati molti cambiamenti nel corso dell’estate: molti giocatori di spicco nella storia recente del club sono andati altrove. Tuttavia, stai valorizzando giovani come Morson e Zanolin, per non parlare di alcuni già affermati come Minatel.
“Quest’estate è stata complicata da gestire anche per me. Sono circolate molte voci su possibili nuovi allenatori a Pordenone, anche se onestamente non ne ho mai capito il motivo. Tante chiacchiere inutili, fatte solo per creare confusione, e questo è un aspetto che in queste zone non mi è mai piaciuto. Forse c’è troppa rivalità con i “cugini”, e questo mette troppa pressione soprattutto sui giocatori di casa, che dopo tante volte fanno delle scelte sbagliate. Non nascondo che, anche dopo il girone di andata, ancora mi dispiace tantissimo per la perdita di “Grigo”, e questo lo sanno molto bene tutti: sia la società che lui personalmente, un ragazzo che è difficile da paragonare agli altri, un ragazzo davvero speciale. Quest’anno, un po’ per necessità e un po’ per la sfortuna legata agli infortuni, sono emersi due giovani come Zanolin e Morson, entrambi al primo anno in A2 Élite, che godono della mia piena fiducia. Sono chiaramente all’inizio del loro percorso e la strada per arrivare ai livelli di “Mina” è ancora lunga, ma hanno qualità importanti. Minatel, invece, è già un giocatore affermato in Élite, ma in questa stagione deve fare quel salto di qualità in più, soprattutto nelle scelte e nella lettura del gioco, per dimostrare a tutti che avevo ragione io. Se riuscirà a recuperare bene dalla caviglia, sono convinto che fino alla fine della stagione si parlerà ancora molto di lui. Ma oltre a Mina, devo citare altri due giocatori che mi danno sempre quello che mi aspetto da loro, ovvero Della Bianca e Langella. Dopo il suo ritorno in campo del secondo, la squadra ha trovato l’identità”.
Sei alla quinta stagione al Pordenone, conti 133 panchine, segno che c’è soddisfazione e fiducia nel tuo operato. Cosa puoi dire di questa società?
“Come dico spesso ai miei colleghi, è facile parlare quando fai l’allenatore a dieci minuti da casa; la vera sfida è andare all’estero e dimostrare il proprio valore. Di certo non mi aspettavo di restare qui per cinque anni, ma devo ammettere che a Pordenone ho costruito un rapporto davvero bello e importante con tante persone: dai giocatori alla società. Ed è proprio questo che rende difficile anche solo pensare di lasciare questa squadra. Da una parte so bene che, dopo tre o quattro anni, a volte è giusto cambiare, perché serve un vento nuovo, un’energia diversa, e la continuità può anche creare qualche difficoltà all’interno dello spogliatoio. Dall’altra penso al mio amico Lemma, che è rimasto dieci anni ai Saints. Forse è proprio il mio carisma, come persona e come allenatore, il fatto di non lasciare nulla al caso, che mi permette di creare spontaneamente un legame forte con la squadra. Sento che a Pordenone società e giocatori mi vogliono bene e, finché sarà così, sarà difficile che qualcuno mi porti via da qui, al netto delle priorità familiari”.
Guardiamo al campionato. Quali squadre, secondo te, finora hanno reso al di sotto delle aspettative?
“Questo campionato è come un boomerang: basta fare una o due scelte sbagliate e ti ritrovi molto rapidamente in difficoltà. Abbiamo visto cosa è successo, ad esempio, alla Leonardo, ed è anche per questo che non voglio parlare male di nessuna squadra: tutte meritano il mio massimo rispetto. Dopo averle affrontate tutte, l’unica squadra che ci ha messo realmente in grande difficoltà è stata il Petrarca, senza troppi giri di parole. In quella partita si è vista chiaramente la differenza di qualità. Guardando la classifica, invece, il Cesena ha fatto più di quanto mi aspettassi: quindi complimenti a mister Osimani, che in silenzio riesce a gestire la squadra, una cosa per me incredibile”.
Chi vincerà alla fine?
“Il campionato si decide adesso, con il mercato invernale. Chi vuole vincerlo dovrà fare qualche mossa importante. Se devo essere sincero, prima della nostra partita vedevo come favorito il Maccan, soprattutto con il ritorno di Bottosso, ma in quella gara ho percepito che anche a loro mancava qualcosa. Dall'Ò adesso sarà sotto gli occhi di tutti e sappiamo che non è mai facile ripetersi. Sarà interessante, e anch’io sono davvero curioso di vedere chi riuscirà a vincere questo campionato. Ma facciamo chiarezza: se il Petrarca decide di vincerlo, lo vince e basta”.
Questo Pordenone, invece, dove vuole e può arrivare?
“Questo Pordenone è un tema “tabù”, come tutto questo campionato. Siamo partiti con un unico obiettivo, ovvero quello di una salvezza tranquilla, e rimaniamo concentrati su questo traguardo importante, anche se tutti sanno che non fa parte del mio carattere. Una volta raggiunto l’obiettivo, chiamatemi per la seconda parte dell’intervista, quella più interessante”.
In conclusione, quale augurio per il 2026?
“Prima di tutto mi auguro che, dopo questi due mesi difficili, riesca a essere un po' più presente. Poi, dopo il lato umano, viene quello sportivo, per cui mi auguro che la mia sicurezza in campo, cioè capitan Vascello e i miei tre stranieri Rok, Zan e Tilen mantengano questa forma anche nel 2026. Penso possa essere il migliore augurio anche per i nostri tifosi”.
*foto: Roberto Pazienti
Ufficio Stampa Pordenone
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